Geroglifici

I geroglifici egizi sono i segni scolpiti o pittorici che compongono il sistema di scrittura monumentale utilizzato dagli antichi Egizi, che combina elementi ideografici, sillabici e alfabetici. L'uso di questo tipo di scrittura era riservato a monumenti o qualsiasi oggetto, come stele e statue, concepiti per essere eterni; la scrittura corrente e quotidiana in Egitto era quella ieratica. Un sistema simile venne utilizzato anche dalla civiltà minoica, tra il 2000 a.C. e il 1650 a.C. circa.

Per molti anni, la più antica iscrizione geroglifica è stata la Paletta Narmer, trovata durante gli scavi a Hierakonpolis (la moderna Kawm al-Ahmar) alla fine del XIX secolo, databile al 3000 a.C. circa. Nel 1998 un'équipe archeologica tedesca durante gli scavi ad Abydos (la moderna Umm el-Qa'ab) scoprì la tomba U-j di un sovrano predinastico e rinvenne trecento tavolette d’argilla iscritte con proto-geroglifici. Questo sepolcro è stato datato al 3200 - 3100 a.C circa.

In seguito allo sviluppo ed alla diffusione della scrittura tra la popolazione egizia, le forme dei glifi si andarono semplificando nei due tipi di scritture derivate: lo ieratico (usato fin dai tempi più antichi per la scrittura su papiro) e il demotico (derivato dallo ieratico, prima come semplice stenografia e diventato poi di uso comune a partire dalla XXVI dinastia).

La scrittura geroglifica rimase in uso come forma cerimoniale ed epigrafica.

I geroglifici continuarono ad essere usati anche dopo la conquista dell’Egitto ad opera di Alessandro Magno ed anche per tutto il periodo della dominazione romana. È indicativo che la Stele di Rosetta, testo di epoca tolemaica, contenga lo stesso testo sia in forma geroglifica che demotica (oltre che in greco).

È probabile che la scrittura geroglifica tarda divenne più complessa, almeno in parte, come risposta al cambiamento della situazione politica. Alcuni ipotizzano che i geroglifici avessero la funzione di distinguere i 'veri egiziani' dai conquistatori stranieri (ed i loro alleati locali). Questo aspetto potrebbe spiegare il travisamento che si evidenzia nei commenti superstiti degli scrittori greci e romani riguardo ai geroglifici. Gli autori greco-romani interpretarono, infatti, la scrittura geroglifica come un sistema allegorico, se non addirittura magico, di trasmissione di conoscenze segrete e mistiche. Sarebbe così spiegata anche l’inesatta traduzione creata da Clemente Alessandrino per descrivere la pittografia egizia, interpretata come scrittura 'sacra'.

Dal IV secolo furono pochi gli Egiziani capaci di leggere questa scrittura, ed il "mito" dei geroglifici si sviluppò. L’utilizzo monumentale dei geroglifici cessò dopo la chiusura di tutti i templi non cristiani voluta nel 391 dall’imperatore romano Teodosio I; l’ultima iscrizione a noi nota, proveniente da un tempio di Philae, fu inciso il 24 agosto 396 in occasione del natale di Osiride.

I primi studiosi moderni che avviarono progressivamente l'opera di raggiungimento alla decifrazione più o meno definitiva si collocano dalla seconda metà del XVI secolo fino a tutto il XIX secolo ; soprattutto il famoso Athanasius Kircher nel XVII secolo che aveva legittimamente basato la sua opera di analisi della scrittura partendo da una pura base speculativa che caratterizzava la natura della scrittura stessa, e giungendo a formulare nel suo trattato di decifrazione una teoria non ortografica che prendeva come oggetto di partenza per l'analisi il concetto di scrittura speculativa, cioè frutto di procedimenti mentali che idealizzavano, l'oggetto, l'animale, il quale si intendeva rappresentare graficamente in modo da poterne ricavare un suono ben determinato e quindi trascriverlo graficamente (i geroglifici egizi sono infatti a tutti gli effetti dei veri e propri ideogrammi) ; l'interpretazione di Kircher è importante nonché significativa ai fini dello studio simbolico della natura di concepimento speculativo-grafico di questi caratteri ; su queste basi sia Thomas Young che Jean-François Champollion stabilirono il loro percorso di lettura comparata per quel che concerne lo stabilire l'esattezza del suono acustico di ciascun carattere ma tralasciando quasi del tutto il loro significativo valore simbolico. Champollion infatti concepì la sua decifrazione seguendo un sistema comparativistico con le lettere greche incise simultaneamente lungo il testo geroglifico riportato sulla Stele di Rosetta, mirando la sua scoperta verso la più attendibile delle ipotesi, quella cioè che ogni ideogramma potesse racchiudere in un solo carattere uno o più suoni fonetici. La lettura di Champollion dunque mira alla decifrazione solamente fonica e non simbolica, argomento quest'ultimo ancora al giorno d'oggi oggetto di studio. La scoperta della Stele di Rosetta da parte delle truppe napoleoniche durante l’invasione dell’Egitto fu l'evento che fornì le informazioni necessarie che permisero tale operazione a Champollion. La stele riportava semplicemente l'avvenuto matrimonio di un dignitario.Sempre nel IV secolo apparvero gli Hieroglyphica di Orapollo, una 'spiegazione' di quasi 200 segni. L'opera, autorevole ma ricca di errate interpretazioni, fu un ulteriore impedimento alla decifrazione della scrittura egizia. Mentre gli studiosi del passato hanno enfatizzato le origini greche dell’opera, ricerche recenti hanno messo in risalto residui di conoscenze genuine ed interpretato il lavoro come un disperato tentativo di un intellettuale egiziano di recuperare un passato ormai sepolto. Comunque gli Hieroglyphica esercitarono una notevole influenza sul simbolismo del Rinascimento, ed in modo particolare sul libro degli emblemi di Andrea Alciato ed anche sulla Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna.